È un nome che risulta meno strano di quello che sembra di primo acchito: deriva, probabilmente, da un antico appellativo, 'Madonna di Olzate', trasformato nella parlata popolare in 'Dio sa quale' e già dal 1547 registrato in Archivio Preposituale come: 'Madonna di 'Dio il Sa'.
All'origine c'è l'antica parola lombarda di 'olza' che indicava un appezzamento di terreno dedicato all'aratura e circondato da siepi e da fossati.
Infatti la chiesetta originale era un semplice oratorio, collocato in mezzo ai campi, probabilmente ai confini di alcuni terreni di proprietà del monastero cistercense che faceva capo alla Chiesa di Sant'Ambrogio.
La costruzione si ispira a idee del Bramante ma è il Seicento il secolo di maggior fulgore dell'edificio: a quell'epoca appartengono le statue di S. Antonio e S. Cristoforo, collocate all'esterno; quattro sono disposte all'interno e rappresentano S. Giacomo, S. Filippo, Sant'Ambrogio e S. Carlo.
Importanti gli stucchi, sempre della stessa epoca, e le testimonianze di alcune delle famiglie più importanti di Parabiago, come quella di Camillo Castelli che donarono una balaustra di marmo e di Luigi Maggi che chiese di essere sepolto in questa chiesetta.
Alla scuola di Luini appartiene il polittico posto sopra l'altare, con al centro la Vergine con il Bambino, ai lati i Santi Cosma e Damiano, Santa Caterina e Sant'Ambrogio, accompagnati da un Vescovo e da un Guerriero.
La Chiesa mantiene ancora oggi la sua configurazione campestre nonostante l'assedio sempre più ravvicinato delle abitazioni e delle strutture pubbliche.
Specialmente di sera, o meglio ancora al tramonto, la si può ancora immaginare sperduta in mezzo alle 'olche', tanto da ritenere addirittura possibile usarla come lazzaretto durante l'ondata di peste del tardo cinquecento.
Progetto che allora non andò in porto, per fortuna della chiesetta, ma che la dice lunga su come dovesse apparire isolata e immersa in un'atmosfera agreste quasi magica!