Parabiago ha una lunga storia, dovuta principalmente alla sua collocazione posta al centro degli antichissimi sentieri che collegavano la bassa pianura padana al territorio dei Laghi, alle Prealpi ed ai passi alpini che mettevano in comunicazione con il nord d'Europa e con la valle del Reno.
Quella che, oggi, è chiamata S.S. Sempione è stata per millenni una direttrice fondamentale di commercio e di movimenti militari: ha visto le armate celtiche muoversi 'a torme confuse', le ordinate legioni romane marciare trionfanti, le invasioni dei popoli germanici procedere nel tumulto, spagnoli e austriaci spingere le loro spingarde e i loro cannoni fino a quando si è presentata l'armata napoleonica con la sua artiglieria imbattibile ed, infine, le truppe tedesche respinte in fuga nell'ultima guerra.
Questa è una breve introduzione alla storia delle genti di Parabiago, attenta ai periodi più distanti nel tempo.
Dalle lontane origini celtiche, attraverso lo sviluppo di epoca romana, fino agli oscuri periodi dell'alto medioevo, per arrivare al basso medioevo con le sue testimonianze, con i suoi interrogativi, con la battaglia che rese famosa Parabiago per tutta l'età moderna e con le ragioni che spiegano il suo stemma.
Testimonianze
Lontanissime furono le origini celtiche poi attenuatesi, fin quasi a scomparire sotto la dominazione romana.
Le testimonianze di questo periodo sono riapparse negli scavi effettuati fra il 1927 e 1940: vengono tutte da necropoli, ritrovate sia vicino all'attuale cimitero del capoluogo, sia nella frazione di S. Lorenzo, sia lungo l'asse dell'attuale Statale del Sempione, collocato a mezza costa del declivare del terreno che portava verso il letto del fiume Olona.
Ciò testimonia quanto antico fosse l'uso di quest'asse viario.
Ricordiamo, anche, l'abitudine romana di costruire i monumenti funerari lungo le strade di uscita dalle loro città (famosi i monumenti funerari lungo la via Appia, poco fuori le mura dell'antica Roma), come avrebbero potuto essere le località di San Lorenzo e di Villastanza rispetto all'abitato dell'antica Parabiago.
Una delle prime famiglie di Parabiago, della quale si hanno notizie certe, è quella degli 'Atili': il loro nome compare in una stele funeraria, pubblicata anche dal famoso studioso tedesco Momsen nel suo immenso 'Corpus Inscriptionum Latinarum' oggi conservata presso il Museo di Legnano all'interno della collezione lapidaria.
E' stata ritrovata nella seconda metà dell''800 ed era stata collocata all'ingresso del cimitero di allora, fin da subito riutilizzata come cassetta delle elemosine.
C'è una magica continuità in questo riutilizzo, a distanza di tanto tempo, degli stessi luoghi per funzioni simili: il posto di una necropoli, al tempo dei romani, divenne poi il luogo scelto, molti secoli dopo, per essere adibito a cimitero dai cristiani.
In una nebbiosa mattina del Novembre 1927 un agricoltore, Michele Bollati, stava lavorando con l'aratro nei suoi campi. Il suo fondo era collocato a circa trenta metri dalla S.S. Sempione, sulla destra venendo da Milano, in frazione S.Lorenzo di Parabiago.
Ad un certo punto si accorse che l'aratro urtò contro qualcosa di solido: saranno gli antichi resti di una necropoli romana.
Emersero anfore e lapidi: pensò che ci fosse un tesoro seppellito e così molti contesti tombali andarono perduti, fino a quando non intervenne la Sovrintendenza.
Tutto è oggi al Museo di Legnano.
Furono ritrovate monete in gran quantità, tutte risalenti al primo periodo imperiale romano: da Caligola a Tito. Vasellame di fine fattura usato per la mensa. Anfore, tagliate e riadattate ad uso cinerario. Ampolle di vetro che venivano riempite di profumi, balsami e creme varie. E poi specchi, cucchiaini per stemperare le polveri del trucco e, perfino, pinzette depilatorie che testimoniano della grande cura dei parabiaghesi di allora per il proprio corpo.
La Battaglia
Inclementissimo fu il tempo nel giorno della battaglia: quel 21 febbraio nevicava fortemente e si scontravano due eserciti, quello comandato da Luchino Visconti, vecchio comandante delle truppe di Azzone Visconti, Signore di Milano, e quelle di Londrisio Visconti, un cugino lontano dello stesso Azzone e nipote dell'arcivescovo di Milano, Ottone Visconti.
Si trattò di un affare di famiglia risolto a suon di spade e lance che provocò la morte di tremila uomini, un numero enorme per il tempo, e consentì ai vincitori di catturare duemilatrecento cavalli, bottino ingente per ogni signore del tempo.
I numeri testimoniano della grandezza dei mezzi messi in campo, dell'impressione che suscitò presso i contemporanei e dell'importanza che la battaglia assunse nel consolidamento del potere dei Visconti quali Signori di Milano.
Vinse l'esercito di Azzone. Il vecchio e coraggioso generale Luchino Visconti fu, all'inizio, sul punto di essere sopraffatto, tanto che, pur combattendo come un leone, venne catturato e legato ad un albero come prigioniero: esattamente nel punto dove successivamente si costruirà la chiesa di Sant'Ambrogio della Vittoria.
Trecento uomini assoldati dai D'Este e altri trecento al servizio del Savoia, accampati a Nerviano, presero parte allo scontro e liberarono Luchino che si avventò con determinazione sull'esercito di Londrisio mettendolo in fuga, dopo aver catturato il ribelle.
Lo Stemma