Domenica 26
maggio 2019, dalle ore 7 alle ore 23, si svolgono le operazioni di voto per
l’elezione del Parlamento Europeo
I cittadini con
diritto di voto potranno recarsi alle urne dalle ore 7.00 alle ore 23.00
di domenica 26 maggio 2019 per esprimere la propria preferenza.
Tutti i cittadini maggiorenni degli Stati membri sono chiamati a scegliere i
rappresentanti del Parlamento Europeo. L’organismo è composto da 751 deputati,
compreso il presidente. Il numero di eurodeputati per ogni paese è
approssimativamente proporzionale alla popolazione; l’Italia dovrà
eleggerne 76.
Può recarsi alle urne chiunque abbia compiuto 18 anni.
Dovrà recarsi nel seggio di iscrizione, corrispondente alla sezione del luogo di
residenza. Sono necessari un documento d’identità e la tessera elettorale.
L’elettore esprime il suo voto tracciando un segno sul contrassegno
corrispondente alla lista prescelta o nel rettangolo che lo contiene. È
possibile indicare fino a tre voti di preferenza, ma nel
rispetto della diversità di genere, pena l’annullamento della seconda e/o terza
preferenza. In pratica, se si scelgono due candidati, uno deve essere maschio,
l’altro femmina; in caso di tre, due dello stesso sesso, uno dell’altro. Non è
ammesso il voto disgiunto.
I risultati degli scrutini saranno pubblicati
sul sito internet del ministero dell’Interno www.interno.gov.it
Le procedure per eleggere il Parlamento europeo sono regolate sia dalla legislazione europea, che definisce norme comuni per tutti gli Stati membri, sia da disposizioni nazionali specifiche, che variano da uno Stato membro all'altro. Le norme comuni stabiliscono il principio di rappresentanza proporzionale e talune incompatibilità con il mandato di deputato al Parlamento europeo. Il diritto nazionale disciplina molti altri aspetti rilevanti, quali il sistema elettorale o il numero delle circoscrizioni.
Articolo 14 del trattato sull'Unione europea (TUE) e articoli 20, 22 e 223 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE).
Atto del 20 settembre 1976 relativo all'elezione dei rappresentanti al Parlamento europeo a suffragio universale diretto[1], modificato da ultimo dalla decisione (UE, Euratom) 2018/994 del Consiglio del 13 luglio 2018[2].
A. Principi
Pur stabilendo che il Parlamento europeo sarebbe stato inizialmente composto da deputati designati dai parlamenti nazionali, i trattati costitutivi ne avevano previsto l'elezione a suffragio universale diretto. Il Consiglio ha dato attuazione a tale disposizione prima che si tenessero le prime elezioni dirette nel 1979, con l'Atto del 20 settembre 1976 relativo all'elezione dei rappresentanti nell'assemblea a suffragio universale diretto. Ciò ha profondamente cambiato la posizione istituzionale del Parlamento europeo e costituisce il documento alla base di un'Unione più democratica.
Nel 1992 il trattato di Maastricht ha disposto che le elezioni dovessero svolgersi secondo una procedura uniforme adottata all'unanimità dal Consiglio sulla base di una proposta elaborata dal Parlamento europeo. Tuttavia, non essendo il Consiglio riuscito a raggiungere un accordo su nessuna delle proposte, il trattato di Amsterdam ha introdotto la possibilità di adottare «principi comuni». La decisione 2002/772/CE, Euratom del Consiglio, del 25 giugno 2002 e del 23 settembre 2002[3] ha modificato di conseguenza l'Atto del 1976, introducendo i principi della rappresentanza proporzionale e dell'incompatibilità tra il mandato nazionale e quello europeo.
Con il trattato di Lisbona il diritto di voto e di eleggibilità ha acquisito il valore di un diritto fondamentale (articolo 39 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea).
B. Applicazione:
disposizioni comuni vigenti
1. Diritto di voto e di eleggibilità dei cittadini di Stati membri diversi da quello di residenza
Secondo l'articolo 22, paragrafo 2, del TFUE, «ogni cittadino dell'Unione residente in uno Stato membro di cui non è cittadino ha il diritto di voto e di eleggibilità alle elezioni del Parlamento europeo nello Stato membro in cui risiede». Le modalità di esercizio di questo diritto sono state stabilite dall'articolo 6 della direttiva 93/109/CE del Consiglio, modificata da ultimo dalla direttiva 2013/1/UE del Consiglio, che stabilisce che «ogni cittadino dell'Unione che risiede in uno Stato membro senza averne la cittadinanza e che, per effetto di una decisione individuale in materia civile o penale, è decaduto dal diritto di eleggibilità in forza del diritto dello Stato membro di residenza o di quello dello Stato membro d'origine, è escluso dall'esercizio di questo diritto nello Stato membro di residenza in occasione delle elezioni al Parlamento europeo».
2. Sistema elettorale
L'elezione avviene a scrutinio di lista o uninominale preferenziale con riporto di voti di tipo proporzionale (articolo 1 della decisione 2002/772/CE, Euratom del Consiglio).
3. Incompatibilità
Conformemente all'articolo 7 dell'Atto del 1976 (quale modificato dalla decisione 2002/772/CE, Euratom del Consiglio del 25 giugno 2002 e del 23 settembre 2002), la carica di deputato al Parlamento europeo è incompatibile con quella di membro del governo di uno Stato membro, membro della Commissione, giudice, avvocato generale o cancelliere della Corte di giustizia, membro della Corte dei conti, membro del Comitato economico e sociale, membro dei comitati od organismi creati in virtù o in applicazione dei trattati comunitari per provvedere all'amministrazione di fondi dell'Unione o all'espletamento di un compito permanente e diretto di gestione amministrativa, membro del consiglio di amministrazione, del comitato direttivo o dell'organico della Banca europea per gli investimenti nonché funzionario o agente, in attività di servizio, delle istituzioni dell'Unione europea o degli organismi specializzati che vi si ricollegano. Altre incompatibilità sono state introdotte nel 1997 (membro del Comitato delle regioni) e nel 2002 (membro del consiglio d'amministrazione della Banca centrale europea, Mediatore dell'Unione europea e, soprattutto, membro di un parlamento nazionale).
Oltre che dalle norme comuni di cui sopra, le modalità elettorali sono disciplinate anche da norme nazionali, che su alcuni punti divergono notevolmente fra loro; il sistema elettorale può essere pertanto considerato un sistema elettorale polimorfo.
A. Sistema elettorale
e soglie
L'atto elettorale del 1976 è modificato a norma della decisione (UE, Euratom) 2018/994 del Consiglio, del 13 luglio 2018, fissando una soglia minima obbligatoria compresa tra il 2 % e il 5 % per le circoscrizioni con più di 35 seggi, anche negli Stati membri a circoscrizione unica. Tale disposizione dovrebbe essere attuata al più tardi entro le elezioni europee del 2024. Tutti gli Stati membri devono utilizzare un sistema basato sulla rappresentanza proporzionale.
Attualmente i seguenti Stati membri applicano una soglia: Francia (a seconda della circoscrizione), Lituania, Polonia, Slovacchia, Repubblica ceca, Romania, Croazia, Lettonia e Ungheria (pari al 5 %); Austria, Italia e Svezia (pari al 4 %); Grecia (pari al 3 %) e Cipro (pari all'1,8 %). Gli altri Stati membri non applicano alcuna soglia.
B. Suddivisione in
circoscrizioni
Alle elezioni europee la maggior parte degli Stati membri costituisce un'unica circoscrizione. Tuttavia, cinque Stati membri (Belgio, Francia, Irlanda, Italia e Regno Unito) hanno suddiviso il proprio territorio nazionale in varie circoscrizioni regionali.
Esistono circoscrizioni a scopo puramente amministrativo o necessarie esclusivamente alla ripartizione in seno alle liste dei partiti; è questo il caso dei Paesi Bassi (19), della Germania (16, solo per la CDU/CSU) e della Polonia (13).
C. Diritto di voto
In tutti gli Stati membri l'età prevista per esercitare il diritto di voto è 18 anni, tranne in Austria, dove è 16 anni, e in Grecia, dove ne bastano 17.
Votare è obbligatorio in quattro Stati membri (Belgio, Lussemburgo, Cipro e Grecia); l'obbligo si applica tanto ai cittadini dello Stato membro quanto ai cittadini di altri Stati membri dell'UE registrati. Gli Stati membri possono prevedere la possibilità di voto anticipato, per corrispondenza, elettronico e via internet. In tal caso, devono adottare misure adeguate per garantire, in particolare, l'affidabilità dei risultati, la segretezza del voto e la protezione dei dati personali.
1. Voto dei cittadini di altri Stati membri nel paese ospitante
In occasione delle elezioni al Parlamento europeo ogni cittadino dell'Unione residente in uno Stato membro di cui non è cittadino ha il diritto di voto nello Stato membro in cui risiede, alle stesse condizioni dei cittadini di detto Stato (articolo 22 del TFUE). Tuttavia, la nozione di residenza varia ancora da uno Stato membro all'altro. Alcuni Stati (Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Polonia, Romania e Slovenia) richiedono il domicilio o la residenza abituale sul territorio elettorale, altri (Cipro, Danimarca, Grecia, Irlanda, Lussemburgo, Slovacchia, Svezia e Regno Unito) che vi si soggiorni abitualmente, altri ancora che si sia iscritti all'anagrafe (Belgio, Repubblica ceca). Per poter beneficiare del diritto di voto in Lussemburgo, a Cipro e nella Repubblica ceca, i cittadini dell'Unione devono inoltre soddisfare il requisito di un periodo minimo di residenza.
2. Voto nel paese d'origine da parte dei cittadini che non vi risiedono
Quasi tutti gli Stati membri prevedono la possibilità di votare dall'estero alle elezioni europee. Il Belgio, la Bulgaria e la Grecia accordano il diritto di voto ai loro cittadini all'estero unicamente se essi risiedono in un altro Stato membro dell'Unione europea, mentre la Danimarca e l'Italia limitano il diritto di voto dei loro cittadini residenti in un paese terzo a casi specifici (diplomatici e personale militare). La Germania accorda il diritto di voto per le elezioni del Parlamento europeo ai cittadini che risiedono in un altro paese dell'UE da almeno tre mesi, purché siano iscritti nel registro elettorale tedesco. A Malta, in Irlanda e Slovacchia il diritto di voto è riservato ai cittadini dell'Unione europea domiciliati sul territorio nazionale.
Il fatto che alcuni cittadini di Stati membri diversi da quello di residenza possano votare sia nel paese di residenza che nel paese di origine potrebbe dar luogo ad abusi (doppio voto, considerato un reato in alcuni Stati membri). Garantire l'applicazione delle norme rimane tuttavia difficoltoso, poiché manca un riscontro dei dati tra le autorità elettorali degli Stati membri. Eventi recenti hanno dimostrato i potenziali rischi che la comunicazione online può comportare per i processi elettorali e la democrazia (manipolazione dei dati personali in un contesto elettorale). La Commissione ha proposto, come misura per contrastare l'eventuale uso illecito dei dati personali, di tutelare l'integrità del processo democratico europeo prevedendo sanzioni finanziarie nei casi in cui i partiti politici europei possano trarre vantaggio dalle violazioni delle norme sulla protezione dei dati al fine di influenzare l'esito delle elezioni del Parlamento europeo[4].
D. Eleggibilità
Il diritto di eleggibilità alle elezioni del Parlamento europeo in qualsiasi Stato membro di residenza scaturisce anche dall'applicazione del principio di non discriminazione tra i cittadini di uno Stato membro e quelli di altri Stati membri, nonché dal diritto di libera circolazione e di soggiorno nel territorio dell'UE. Ogni cittadino dell'Unione che, pur non essendo cittadino dello Stato membro di residenza, possiede i requisiti cui la legislazione di detto Stato subordina il diritto di eleggibilità dei propri cittadini, ha il diritto di eleggibilità nello Stato membro di residenza in occasione delle elezioni al Parlamento europeo se non è decaduto da tali diritti (articolo 3 della direttiva 93/109/CE del Consiglio).
È stata proposta la possibilità che il Parlamento europeo riservi alcuni seggi (ad esempio, quelli che saranno disponibili dopo l'uscita del Regno Unito) per i deputati di liste transnazionali, in rappresentanza di circoscrizioni paneuropee, ma la proposta è stata respinta dal Parlamento nella sua risoluzione del 7 febbraio 2018 sulla composizione del Parlamento europeo[5].
A prescindere dal requisito della cittadinanza di uno Stato membro, comune a tutti gli Stati membri, le condizioni di eleggibilità variano da uno Stato membro all'altro. Nessuno può presentarsi come candidato in più di uno Stato membro nel corso delle stesse elezioni (articolo 4 della direttiva 93/109/CE del Consiglio). L'età minima per candidarsi alle elezioni è di 18 anni nella maggior parte degli Stati membri; fanno eccezione il Belgio, la Bulgaria, Cipro, la Repubblica ceca, l'Estonia, l'Irlanda, la Lettonia, la Lituania, la Polonia e la Slovacchia (21), la Romania (23), l'Italia e la Grecia (25).
E. Modalità di
candidatura
In alcuni Stati membri (Repubblica ceca, Danimarca, Germania, Grecia, Paesi Bassi e Svezia) la presentazione delle candidature è riservata ai partiti e alle organizzazioni politiche. In tutti gli altri Stati membri per la presentazione delle candidature occorre raccogliere un certo numero di firme o raggruppare un certo numero di elettori. In taluni casi è richiesto il versamento di una cauzione. La decisione (UE) 2018/937 del Consiglio europeo, del 28 giugno 2018, che stabilisce la composizione del Parlamento europeo[6], determina le modalità di assegnazione dei seggi di cui all'articolo 14, paragrafo 2, TUE, in applicazione del principio della proporzionalità degressiva alla quota individuale per ciascuno Stato membro (1.3.3).
F. Data delle elezioni
Conformemente all'articolo 10 e all'articolo 11 dell'Atto del 1976, quale modificato dalla decisione 2002/772/CE, Euratom del Consiglio, le elezioni del Parlamento europeo si tengono in uno stesso lasso di tempo compreso tra la mattina del giovedì e la domenica successiva; la data e le ore esatte sono fissate da ciascuno Stato membro. Nel 1976 il Consiglio, deliberando all'unanimità, previa consultazione del Parlamento europeo, ha fissato il periodo elettorale per le prime elezioni del 1979. Le elezioni successive al 1979 si sono svolte nel periodo corrispondente durante l'ultimo anno del quinquennio di cui all'articolo 5 dell'Atto (1.3.1).
Per quanto concerne le elezioni del 2014, con decisione del 14 giugno 2013, il Consiglio ne ha spostato le date, originariamente fissate per giugno, al 22-25 maggio, onde evitare che coincidessero con le vacanze di Pentecoste, in applicazione dell'articolo 11 che sancisce quanto segue: «qualora si riveli impossibile tenere le elezioni [...] nel corso di detto periodo, il Consiglio, che delibera all'unanimità, previa consultazione del Parlamento europeo, fissa, almeno un anno prima della fine del periodo quinquennale di cui all'articolo 5, un altro periodo elettorale che, al massimo, può essere anteriore di due mesi o posteriore di un mese al periodo di cui al comma precedente». Le elezioni successive si svolgono nel periodo corrispondente durante l'ultimo anno del quinquennio (articolo 11 dell'Atto del 1976). Le elezioni del 2019 avranno pertanto luogo durante la settimana dal 23 al 26 maggio.
G. Possibilità per gli
elettori di modificare l'ordine di lista dei candidati
Nella maggior parte degli Stati membri, gli elettori possono attribuire voti di preferenza per modificare l'ordine di lista dei candidati. Tuttavia, in nove Stati membri (Germania, Spagna, Francia, Grecia, Portogallo, Regno Unito, Estonia, Ungheria e Romania), le liste sono chiuse (l'attribuzione di voti di preferenza non è possibile). In Lussemburgo è possibile addirittura votare per candidati appartenenti a diverse liste, mentre in Svezia è possibile aggiungere nomi alla lista o rimuoverli. A Malta, in Irlanda e in Irlanda del Nord l'elettore ordina i candidati della lista per preferenza (voto singolo trasferibile).
H. Convalida dei
risultati elettorali e disciplina della campagna elettorale
In Danimarca e in Lussemburgo il parlamento nazionale convalida i risultati elettorali. In Slovenia l'assemblea nazionale conferma l'elezione dei deputati al Parlamento europeo. In Germania i risultati definitivi sono pubblicati dall'ufficio elettorale federale (Bundeswahlleiter) il giorno successivo alla votazione. In Austria, Belgio, Repubblica ceca, Estonia, Finlandia, Italia, Irlanda, Slovenia e Regno Unito ciò compete ai tribunali, così come in Germania qualora venga contestata la decisione del parlamento. In Spagna i risultati sono convalidati dalla «Junta Electoral Central». Nei Paesi Bassi, in Portogallo e in Svezia tale compito è svolto da un'apposita commissione.
Nella maggior parte degli Stati membri le norme relative alle campagne elettorali (finanziamenti autorizzati, ripartizione dei tempi di trasmissione, pubblicazione dei risultati dei sondaggi) sono quelle applicabili alle elezioni nazionali.
Conformemente all'articolo 4 del regolamento e agli articoli 5 e 13 dell'Atto del 1976, i deputati al Parlamento europeo sono eletti con un mandato di cinque anni. Tale periodo decorre dall'inizio della prima tornata successiva alle elezioni. La prima tornata dopo le lezioni del 2014 ha avuto inizio il 1o luglio 2014.
I. Assegnazione dei
seggi resisi vacanti in corso di legislatura
In alcuni Stati membri (Austria, Danimarca, Finlandia, Francia, Croazia, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Portogallo e Regno Unito), il seggio resosi vacante (in seguito a dimissioni) è assegnato al primo dei non eletti della stessa lista (se del caso previo adeguamento in funzione dei voti ottenuti dai candidati). In Belgio, Irlanda, Germania e Svezia i seggi vacanti sono attribuiti ai supplenti. In Spagna e Germania, qualora non vi siano supplenti, si tiene conto dell'ordine di lista dei candidati. In Grecia i seggi vacanti sono attribuiti ai supplenti della stessa lista; se il numero dei supplenti è insufficiente, si procede all'indizione di elezioni suppletive. In alcuni Stati membri (ad esempio l'Austria), i deputati al Parlamento europeo hanno il diritto di tornare a far parte del Parlamento europeo una volta venuto meno il motivo che li aveva indotti a rimettere il mandato. Per quanto riguarda il Regno Unito, dato che il termine per concludere un accordo di recesso scade il 29 marzo 2019, il paese non sarà più uno Stato membro dell'Unione europea nel momento in cui si terranno le prossime elezioni europee, dal 23 al 26 maggio 2019, a meno che il Consiglio europeo, in accordo con il Regno Unito, non decida all'unanimità di prorogare tale termine (articolo 50, paragrafo 3, TUE). I 73 seggi del Regno Unito cesseranno di esistere alla data del suo recesso dall'UE e sono già stati in parte ridistribuiti tra gli altri Stati membri dalla decisione (UE) 2018/937 del Consiglio europeo, del 28 giugno 2018, per il periodo successivo alle elezioni europee del 2019 (1.3.3).
A partire dagli anni '60, il Parlamento europeo ha ripetutamente preso posizione su questioni di diritto elettorale e ha presentato proposte conformemente all'articolo 138 del trattato CE. La mancanza di una procedura veramente uniforme per le elezioni al Parlamento europeo dimostra quanto sia difficile armonizzare tradizioni nazionali diverse. La possibilità di adottare principi comuni prevista dal trattato di Amsterdam ha permesso solo in parte di superare queste difficoltà. L'ambizioso obiettivo, sancito all'articolo 223 del TFUE, di adottare una procedura uniforme, previa approvazione del Parlamento europeo, non è ancora stato conseguito. I continui sforzi del Parlamento volti a modernizzare e a «europeizzare» la procedura elettorale comune hanno portato nel 2007 a una proposta di procedura elettorale uniforme, la cui sostanza è stata integrata nella decisione del Consiglio del 2002. La proposta di istituire una circoscrizione unica europea per l'assegnazione del 10 % dei seggi è ancora oggetto di dibattito. Il 7 febbraio 2018 il Parlamento ha votato a favore di una riduzione del numero dei suoi seggi, che passerebbe da 751 a 705 dopo l'uscita del Regno Unito dall'UE (potenzialmente prima delle elezioni del 2019).
Il 22 novembre 2012 il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione che esortava i partiti politici europei a nominare candidati alla presidenza della Commissione al fine di rafforzare la legittimità politica sia del Parlamento che della Commissione. Tali disposizioni sono state attuate in vista delle elezioni del 2014, tenutesi per la prima volta tra i principali candidati delle varie famiglie politiche. Come risultato delle elezioni del 2014, uno di tali candidati, Jean-Claude Juncker, è stato eletto dal Parlamento europeo presidente della Commissione il 22 ottobre 2014. Nella sua decisione del 7 febbraio 2018 sulla revisione dell'accordo quadro sulle relazioni tra il Parlamento europeo e la Commissione europea[7], il Parlamento ha avvertito di essere pronto a respingere qualsiasi candidato, nella procedura d'investitura del Presidente della Commissione, che non sia stato nominato «candidato principale» (Spitzenkandidat) di un partito politico europeo in vista delle elezioni europee del 2019.
Nel 2003 è stato istituito un sistema di finanziamento dei partiti politici a livello europeo che consente anche l'istituzione di fondazioni politiche (1.3.3) a livello europeo (regolamento (UE, Euratom) 2018/673 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 3 maggio 2018, recante modifica del regolamento (UE, Euratom) n. 1141/2014 relativo allo statuto e al finanziamento dei partiti politici europei e delle fondazioni politiche europee).
[1]GU L 278 dell'8.10.1976, pag.
5.
[2]GU L 178 del 16.7.2018, pag. 1.
[3]GU L 283 del 21.10.2002, pag. 1.
[4]Proposta di regolamento del
Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (UE, Euratom) n. 1141/2014 per quanto riguarda la procedura
di verifica relativa alle violazioni delle norme in materia di protezione dei
dati personali nel contesto delle elezioni del Parlamento europeo (COM(2018)0636).
[5]Testi approvati, P8_TA(2018)0029.
[6]GU L 165I del 2.7.2018,
pag. 1.
[7]Testi approvati, P8_TA(2018)0030.